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Il Moscato Canelli si prepara a diventare una Docg: un sogno che si realizza per l’Associazione produttori Moscato Canelli impegnata da anni a promuovere questa giovane denominazione. L’iter, che è stato avviato in primavera con un provvedimento del Consorzio dell’Asti approvato all'unanimità, apre la strada della Denominazione di origine controllata e garantita all'attuale sottozona del Moscato d’Asti. Grande la soddisfazione: «Fatto il primo passo», dice il presidente Gianmario Cerutti, «nei prossimi mesi la pratica dovrà passare alla Regione Piemonte e poi a Roma e a Bruxelles». Per avere la prima bottiglia di Canelli Docg, bisognerà aspettare la vendemmia 2020.
Intanto, i numeri parlano di crescita: l’imbottigliato del primo semestre del 2019 sfiora le 200 mila bottiglie, con un incremento del 30% rispetto ai primi sei mesi del 2018. «L’obiettivo delle 500 mila bottiglie nel 2019 è ormai un dato certo», aggiunge Cerutti, «anzi ci sentiamo di dire che puntiamo al milione di bottiglie».
Una crescita costante che, in pochi anni, ha fatto segnare un incremento del 90%: piccoli numeri ma con un grande appeal confermato dall’export: il 50% delle bottiglie vengono consumate nei mercati esteri. Il numero di aziende che credono e scommettono sul Canelli cresce costantemente. La zona di produzione comprende ventitré paesi tra il Sud Astigiano e la Langa, in un’area ad alta vocazione per la coltivazione dell’uva moscato bianco e core zone Unesco tutelata come Patrimonio dell’umanità. Le uve spesso sono coltivate nei surì, ovvero quell’eccellenza piemontese di filari eroici di alta collina ben esposti al sole, ma con pendenze tali che richiedono lavorazioni quasi esclusivamente manuali.